A messa coi cristiani perseguitati che non hanno perso la fede
Dedichiamo questo piccolo tributo fotografico ai nostri fratelli cristiani perseguitati, che nonostante tutto ogni domenica hanno ancora la spinta per andare a messa.
Un insegnamento per tutti noi, che viviamo la fede come un optional.
Don Secondo
Il lungo tendone bianco dell’Unicef ospita centinaia di fedeli. Il vescovo siriaco di Mosul celebra la messa per la sua gente su un altare improvvisato.
Alle spalle un piccolo crocefisso con Gesù che sanguina, come il popolo cristiano dell’Iraq. In 120mila sono scappati dalle loro case davanti all’avanzata dello Stato islamico. E adesso vivono come un popolo in fuga nel Kurdistan in condizioni estremamente precarie.
Alcuni sono ancora sotto le tende nonostante l’arrivo della prima neve. Altri sono piazzati come bestie in strutture fatiscente dentro dei moduli abitativi che assomigliano a dei loculi. Però non hanno perso la fede. Anzi si aggrappano disperatamente alle preghiere, anche se sono scappati in ciabatte e non possiedono più nulla. Ed ogni domenica si ritrovano sotto il tendone che fa da chiesa improvvisata per assistere alla messa. Le madri con i bambini piccoli in braccio, gli anziani che snocciolano il rosario ed i giovani che hanno fatto da poco la comunione. Sguardi tristi, ma fieri di chi affronta il calvario con dignità e non ha perso la speranza di tornare un giorno nelle proprie case strappate via del Califfo o di rifarsi una vita all’estero sempre facendosi il segno della croce.
Per questo dedichiamo questo piccolo tributo fotografico ai nostri fratelli cristiani perseguitati, che nonostante tutto ogni domenica hanno ancora la spinta per andare a messa. Un insegnamento per tutti noi, che viviamo la fede come un optional.