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Papa Francesco, i vescovi Todisco e Galantino parlano con chiarezza. I politici cattolici italiani, spiazzati, sproloquiano

2015PapaFrancescoPapa FrancescoAncora una presa di posizione importante di papa Francesco nell’udienza del mercoledì, nell’Aula Paolo VI. Ed è ancora il lavoro, e la dignità dell’uomo che esso produce al centro della riflessione pubblica di questo papa che non solo stupisce per la rivoluzione culturale e intellettuale che sta imponendo nella Chiesa cattolica, ma anche per il rigore col quale abbina messaggio evangelico, responsabilità politiche, umanità. E se il lavoro è “proprio della persona umana” ed “esprime la sua dignità”, se il “lavoro è sacro”, la “gestione del lavoro è una grande responsabilità umana e sociale”, che non si può lasciare “nelle mani di pochi” e neppure può essere “scaricata su un mercato divinizzato”. Già Giovanni Paolo II aveva annunciato una sorta di cambio dei paradigmi nella considerazione del lavoro nella Chiesa con l’enciclica “Laborem exercens”, fustigando il capitalismo che riduce l’umanità a macchina produttrice di profitti per pochi, e rende il lavoro una merce come le altre merci. Oggi, papa Francesco approfondisce in poche righe di testo la più grande questione dei nostri tempi: il lavoro che c’è, quello che cambia e quello che non c’è. Questione che si trasforma in dignità dell’uomo e atto di responsabilità politica. Francesco lo dice a suo modo, nel passaggio in cui dice di rallegrarsi quando vede “che i governanti fanno tanti sforzi per trovare posti di lavoro e per cercare che tutti abbiano un lavoro”. Passaggio che, uscendo dalla semplicità linguistica evangelica, si può tradurre in questo modo: il senso della politica e del governo è di costruire le basi per la piena occupazione. Chi non lo fa e lo dimentica, non solo priva di dignità milioni di uomini e di famiglie, ma “causa un grave danno sociale”. Se coloro che si definiscono cattolici (adulti o bambini, non importa) non rispondono quando governano a questa immensa missione, di creare lavoro per tutti, abbandonano sé stessi, e abbracciano la logica “del profitto”, aderendo a quella organizzazione del lavoro che “tiene in ostaggio” persone e famiglie, contribuendo a fare in modo che “la società umana lavori contro se stessa”.
A chi parla papa Francesco?


Ma chi oggi, nella politica nazionale e internazionale, ha il coraggio di questo papa di rilanciare il grande tema del “lavoro per tutti”, o, se volete, della piena occupazione? I governanti cattolici che solcano le scene televisive a ogni ora del giorno e della notte, soprattutto in Italia, fanno sempre professione di realismo, e di certo non danno prova di avere nella testa la “piena occupazione” come missione, anche di fede. I governanti cattolici spesso fanno della famiglia il tema di una propaganda elettorale, ma non li senti mai parlare di diritto al lavoro per restituire dignità, laddove il lavoro manca. I governanti cattolici spesso sono deludenti perché quando il papa, o i suoi pastori, indica la Luna, loro guardano il dito, e come gli apostoli dell’Ultima cena, dopo il disvelamento del “qualcuno mi tradirà”, continuano a chiedersi “sono forse io?”. La Luna è stata indicata anche mercoledì da papa Francesco, è la piena occupazione, e i governanti cattolici devono sentire la responsabilità di elaborare politiche in quella direzione, piuttosto che richiamarsi furbescamente alla “realtà del mercato”, fin troppe volte biasimata da papa Francesco, ma anche da Benedetto XVI e da Giovanni Paolo II.
La festa e il lavoro
Papa Francesco ne ha fatto un rapido cenno nell’incipit del suo discorso dell’udienza del mercoledì: c’è un legame stretto tra la festa e il lavoro, e il diritto al lavoro è anche il diritto alla festa, alla gioia. Quest’ultima, nell’orizzonte del papa, si ritrova nella famiglia, soprattutto quando la celebra non come rito mondano ma come occasione di dialogo. Il diritto al lavoro, dice il papa, prevede il diritto alla festa di tutta la famiglia, come la più alta celebrazione della dignità della persona. Per questa ragione, la Chiesa ha lanciato un’offensiva pubblica e specifica sul tema della festività. E questa volta sono i vescovi a intervenire. Il vescovo di Melfi, Gianfranco Todisco, ad esempio, ha scritto e reso pubblica una lettera a Sergio Marchionne, nella quale pone la questione della domenica di lavoro obbligatorio nella fabbrica Fca della sua città. “In fin dei conti”, scrive Todisco a Marchionne, contestando anche qui la logica del profitto sulla dignità dell’uomo, “consegnare un’automobile con un giorno di ritardo non sconvolge il piano di produzione, che in questo momento va a gonfie vele” e che, tenendo gli operai a casa la domenica, l’auto prodotta a Melfi avrebbe “un valore aggiunto, la dignità della persona umana al primo posto”. Inoltre, ha sottolineato che la sua richiesta “non fa alcun riferimento alle motivazioni di fede. Anche chi non crede o non pratica può sperimentare gli effetti benefici del riposo domenicale”. Tutto qui? Non proprio. Papa Francesco e i suoi vescovi stanno mettendo in discussione valori cristallizzati pericolosamente: la corsa al profitto, la mercificazione, la monetizzazione dell’umanità, e lo fanno richiamandosi alla dignità dell’uomo, oltre che al messaggio evangelico. Tutto ciò scatena reazioni indignate e offensive, soprattutto da parte di personalità del mondo politico? Vuol dire che sono stati colpiti e rispondono solo con offese, e senza argomentazioni autentiche.
La vicenda del segretario della Cei Galantino, offeso in modo bipartisan, da Lega e Pd
Insomma, dal mondo politico italiano sembra giungere un messaggio feroce contro la Chiesa, se parla di poveri, migranti, disoccupati, dignità del lavoro, piena occupazione e senso della politica. Che si faccia gli affari suoi, dicono alcuni (abbiamo ingentilito la frase), che se ne vada al Diavolo (anche in questo caso la frase l’abbiamo volutamente ingentilita), che mascalzoni i vescovi nelle loro ingerenze. Strano, quando l’opportunità arriva, ad esempio sui temi etici e sensibili, la Chiesa ha ragione su tutto, e allora non si fanno le leggi sulle coppie di fatto o sulle unioni omosessuali o sulla legalizzazione delle droghe leggere o sul testamento biologico, proprio perché la Chiesa, o meglio la Curia Vaticana, è contraria. Quando però Nunzio Galantino, il segretario della Cei, la Conferenza episcopale italiana, di ritorno da un viaggio in Giordania dice pane al pane su quel che accade nel nostro Paese a proposito migranti e politica, apriti cielo, un profluvio di commenti dei “cattolici adulti” (quasi tutti ex scout, come Renzi). Galantino sostiene che si è fatto poco e si fa pochissimo per l’accoglienza di qualche migliaio di migranti? Ecco scagliarsi contro di lui l’ira funesta dell’Achille leghista, Matteo Salvini, il quale dice di essere un peccatore, ma Galantino è comunista (come se questo aggettivo fosse chissà quanto offensivo). E se monsignor Galantino, in un testo lungo, appassionato e articolato su De Gasperi, pubblicato dal Corriere della Sera, giudica la classe politica come una specie di “harem di cooptati e di furbi”, ecco che parte la difesa antiaerea dei cattolici adulti del Pd, da Giorgio Tonini a Graziano Delrio, e della cattolica, non sappiamo quanto adulta, Stefania Prestigiacomo. Le accuse di Galantino? “Alimentano un senso di sfiducia nella politica”, dice Delrio, dimenticando che nella sua Reggio Emilia, tanto per fare un esempio, a novembre scorso votarono solo 3 reggiani su 10 alle regionali, segno che forse il disincanto e la disaffezione verso la politica ci sono già. “Sparare un giudizio morale su tutti non aiuta la politica”, spara a sua volta Giorgio Tonini, vicepresidente dei senatori del Pd. Un giudizio morale? “Harem di cooptati e furbi” fa riferimento alla legge elettorale, caro senatore, cooptato dal Porcellum. O non è così? E infine, l’indignazione della Prestigiacomo: “invasione di campo senza senso”. Davvero? Ma allora quando si va in pellegrinaggio a chiedere lumi in Vaticano sui cosiddetti temi sensibili che riguardano la scelta di vita e di morte di tutti noi, cosa si fa? La Chiesa con papa Francesco, cerca di uscire dalle ipocrisie di secoli di potere temporale, e parla finalmente in modo diretto. Le risposte dei politici, “cattolici adulti”, non sono all’altezza. Tutto

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