Indifferenza, egoismo e mondanità: le malattie del mondo d’oggi
Indifferenza, egoismo e mondanità: le malattie del mondo d'oggi.
Commentando la parabola di Lazzaro ed il ricco Epulone, contenuta nel Vangelo di Luca, Papa Francesco, durante la propria omelia, ha sottolineato come questo brano evangelico non solo ci aiuti a “capire cosa vuol dire amare“, ma soprattutto ci insegna “ad evitare alcuni rischi“.
Quali sono questi rischi? Il primo, ha detto il Papa, è quello di rimanere contagiati dalla stessa malattia del ricco, ovvero la “forte cecità“. Il ricco della parabola, “in realtà, non fa del male a nessuno, non si dice che è cattivo“, ha infatti spiegato Bergoglio, ma ciò nonostante è malato: ha una malattia addirittura “più grande di quella di Lazzaro, che pure era «coperto di piaghe»“.
Egli è così cieco che “non riesce a guardare al di là del suo mondo, fatto di banchetti e bei vestiti“, e prova di questa ciecità dell’anima è che “non vede oltre la porta di casa sua, dove giace Lazzaro, perché non gli interessa quello che succede fuori“. Questo ricco, dunque, “non vede con gli occhi perché non sente col cuore” ed è questo il primo e più grande rischio che corre il cristiano, quello di lasciare entrare nel suo cuore “la mondanità che anestetizza l’anima“.
“La mondanità è come un “buco nero” che ingoia il bene – ha spiegato il Vescovo di Roma – che spegne l’amore, perché fagocita tutto nel proprio io. Allora si vedono solo le apparenze e non ci si accorge degli altri, perché si diventa indifferenti a tutto. Chi soffre questa grave cecità assume spesso comportamenti “strabici”: guarda con riverenza le persone famose, di alto rango, ammirate dal mondo, e distoglie lo sguardo dai tanti Lazzaro di oggi, dai poveri e dai sofferenti che sono i prediletti del Signore“.
Tuttavia, con questa parabola, oggi Gesù ci ricorda che “il Signore guarda a chi è trascurato e scartato dal mondo. Lazzaro è l’unico personaggio, in tutte le parabole di Gesù, ad essere chiamato per nome. Il suo nome vuol dire: “Dio aiuta”. – ha commentato Francesco – Dio non lo dimentica, lo accoglierà nel banchetto del suo Regno, insieme ad Abramo, in una ricca comunione di affetti. L’uomo ricco, invece, nella parabola non ha neppure un nome; la sua vita cade dimenticata, perché chi vive per sé non fa la storia“.
“E un cristiano deve fare la storia! Deve uscire da sé stesso, per fare la storia! Ma chi vive per sé non fa la storia“: è questa la meditazione che la Chiesa ci invita a fare oggi, affinché non corriamo il rischio di cadere vittime della stessa “malattia dell’indifferenza, dell’egoismo, della mondanità” di cui soffriva lazzaro.
“C’è un altro particolare nella parabola, un contrasto. La vita opulenta di quest’uomo senza nome è descritta come ostentata: tutto in lui reclama bisogni e diritti. Anche da morto insiste per essere aiutato e pretende i suoi interessi. La povertà di Lazzaro, invece, si esprime con grande dignità: dalla sua bocca non escono lamenti, proteste o parole di disprezzo. – ha infine aggiunto Bergoglio – È un insegnamento valido: come servitori della parola di Gesù siamo chiamati a non ostentare apparenza e a non ricercare gloria; nemmeno possiamo essere tristi o lamentosi. Non siamo profeti di sventura che si compiacciono di scovare pericoli o deviazioni; non gente che si trincera nei propri ambienti, emettendo giudizi amari sulla società, sulla Chiesa, su tutto e tutti, inquinando il mondo di negatività. Lo scetticismo lamentevole non appartiene a chi è familiare con la Parola di Dio“.