«Sono allarmato da chi dice in politica che “l’uomo è Dio”»
Lettera dell’arcivescovo di Ferrara Mons. Luigi Negri
In Italia c’è una crisi culturale che si riverbera nella politica. È il punto di partenza della lettera di Luigi Negri, arcivescovo di Ferrara e Comacchio, pubblicata oggi sul Foglio.
L’arcivescovo ha deciso di scrivere al quotidiano perché «non tocca ai vescovi stabilire l’identikit del presidente della Repubblica e non tocca ai vescovi indicare le priorità di carattere politico in senso stretto, ma tocca ai vescovi intervenire sulle gravi vicende di carattere culturale che sono arrivate, nel nostro paese, a un livello di crisi che mi sembra senza ritorno».
SUBORDINAZIONE ALLA RETE. Una è la faccenda che più allarma Negri, di fronte alla quale non si può stare zitti: «Mi sono chiesto se è giusto che noi continuiamo a tacere di fronte a posizioni culturali, sociali e politiche che affermano letteralmente che l’uomo è Dio; e che affermano una subordinazione totale e parossistica alla “rete”, indicata come soluzione globale di tutti i problemi dell’umanità.
Se si possa tacere di fronte a una modalità di porsi, nella vita politica, che disprezza, nel linguaggio e negli atteggiamenti, qualsiasi interlocutore che viene sbrigativamente percepito come un avversario da eliminare.
Se è possibile far prevalere tutta una serie di valutazioni personalistiche di carattere moralistico come ambito in cui decidere la presentabilità o meno di candidati a questa o a quella carica.
A parte l’ignoranza spaventosa per cui si possono citare frasi del primo hitlerismo e di alcuni documenti delle più terribili dittature del Ventesimo secolo cercando di dargli una patente di credibilità e di autorevolezza. In questo contesto, dove una persona ragionevole, io non vorrei scomodare la fede, una persona ragionevole si trova veramente a disagio, ritengo che sia giusto che un vescovo della chiesa cattolica dica che c’è una sostanziale inconciliabilità fra la visione della realtà che nasce dalla fede e questa vita politica ridotta alla difesa accanita dei propri interessi particolari o di formazione ideologica».
LA PRESUNTA NOVITA’. «Di fronte alla proposta di una vita socio-politica ridotta a posizioni teoriche demenziali, corredate da un linguaggio e relativi atteggiamenti dello stesso tipo», continua la lettera, «io mi sento di dire con tranquillità, almeno ai fedeli cattolici della mia diocesi, che non è possibile essere cristiani e appoggiare a qualsiasi livello posizioni e scelte che sono evidentemente in contrasto con la concezione della vita che la Chiesa, coerentemente, da duemila anni insegna.
Se poi la novità è rappresentata, anche sul piano istituzionale, da disegni di legge che riguardano il riconoscimento civile delle unioni gay, il cambiamento a spese del Servizio sanitario nazionale del sesso, ci rendiamo conto da che parte va questa presunta novità».
DOVE SONO I CATTOLICI? «Ma c’è un ulteriore e ultimo disagio. Mi sono chiesto in questi giorni: ma dove è finita la presenza politica dei cattolici in Italia? Si caratterizzano per le scelte politiche che fanno, destra o sinistra, ma non più per quella vera appartenenza a valori in forza dei quali diventa possibile un vero dialogo, confronto, e al limite alla collaborazione.
Mi sono reso conto con amarezza che la presenza politica dei cattolici sembra non esistere più. Esistono dei cattolici che a titolo sempre più personale, quindi nel senso restrittivo della parola, militano di qua o di là ma ricevono la loro dignità dalla scelta analitica che hanno fatto. E forse qui non è in ballo soltanto la responsabilità dei laici. Forse l’azione educativa che noi dovremmo insistentemente riprendere con i nostri laici, soprattutto quelli impegnati nei campi più difficili, sembra essere venuta meno. Non so se non è più chiesta. Resta il fatto che da noi vescovi viene offerta in modo sempre più blando e sempre meno mordente».
Tratto da Famiglia Parrocchiale Nr. 2268