Francesco, Angelus: «dipende da noi diventare terreno buono»
"Dio semina semi buoni, ma anche noi siamo seminatori. Le nostre parole possono fare tanto bene e anche tanto male! Possono guarire e possono ferire". Così Papa Francesco ha parlato della parabola del seminatore, inserita nel Vangelo di questa domenica, prima della recita dell'Angelus dalla finestra del suo studio che dà su piazza San Pietro. "Ricordatevi -- ha aggiunto -- che quello che conta non è ciò che entra, ma quello che esce dalla bocca e dal cuore".
La parabola del seminatore, ha spiegato il Papa, "Ci ricorda che noi siamo il terreno dove il Signore getta instancabilmente il seme della sua Parola e del suo amore". E noi come la accogliamo? "Com'è il nostro cuore? A quale terreno assomiglia: a ...
In questo caso, Gesù, che utilizza «un linguaggio comprensibile a tutti, con immagini tratte dalla natura e dalle situazioni della vita quotidiana», «non si è limitato a presentare la parabola, l'ha anche spiegata ai suoi discepoli». Così «la semente caduta sulla strada indica quanti ascoltano l'annuncio del Regno di Dio ma non lo accolgono; così sopraggiunge il Maligno e lo porta via. Il Maligno infatti non vuole che il seme del Vangelo germogli nel cuore degli uomini. Questo - ha precisato - è il primo paragone. Il secondo è quello del seme caduto sulle pietre: esso rappresenta le persone che ascoltano la parola di Dio e l'accolgono subito, ma superficialmente, perché non hanno radici e sono incostanti; e quando arrivano le difficoltà e le tribolazioni, queste persone si abbattono subito. Il terzo caso è quello della semente caduta tra i rovi: Gesù spiega che si riferisce alle persone che ascoltano la parola ma, a causa delle preoccupazioni mondane e della seduzione della ricchezza, rimane soffocata».
Infine, ha ricordato il Pontefice, «la semente caduta sul terreno fertile rappresenta quanti ascoltano la parola, la accolgono, la custodiscono e la comprendono, ed essa porta frutto. Il modello perfetto di questa terra buona è la Vergine Maria». Per il Santo Padre, «questa parabola parla oggi a ciascuno di noi, come parlava agli ascoltatori di Gesù duemila anni fa». Infatti, «ci ricorda che noi siamo il terreno dove il Signore getta instancabilmente il seme della sua Parola e del suo amore». Francesco ha posto alcuni interrogativi: «Con quali disposizioni lo accogliamo? E possiamo porci la domanda: com'è il nostro cuore? A quale terreno assomiglia: a una strada, a una pietraia, a un roveto?». «Dipende da noi - ha sottolineato - diventare terreno buono senza spine né sassi, ma dissodato e coltivato con cura, affinché possa portare buoni frutti per noi e per i nostri fratelli». E, ha aggiunto, «ci farà bene non dimenticare che anche noi siamo seminatori. Dio semina semi buoni, e anche qui possiamo porci la domanda: che tipo di seme esce dal nostro cuore e dalla nostra bocca?». Le nostre parole, ha precisato, «possono fare tanto bene e anche tanto male; possono guarire e possono ferire; possono incoraggiare e possono deprimere. Ricordatevi: quello che conta non è ciò che entra, ma quello che esce dalla bocca e dal cuore».
«Rivolgo il mio pensiero ai marittimi, ai pescatori e alle loro famiglie». Così Papa Francesco, ieri mattina, dopo la recita dell'Angelus, ricordando che ieri ricorreva la «Domenica del Mare». «Esorto le comunità cristiane, in particolare quelle costiere - ha affermato il Pontefice -, affinché siano attente e sensibili nei loro confronti. Invito i cappellani e i volontari dell'Apostolato del Mare a continuare il loro impegno nella cura pastorale di questi fratelli e sorelle». Poi ha affidato «tutti, specialmente quanti si trovano in difficoltà e lontano da casa, alla materna protezione di Maria, Stella del Mare». Poi è volato idealmente in Polonia: «Mi unisco in preghiera ai pastori e ai fedeli che partecipano al pellegrinaggio della famiglia di Radio Maria a Jasna Góra, Czestochowa. Vi ringrazio per le vostre preghiere e vi benedico di cuore», ha detto.
Un saluto «con grande affetto» a tutti i figli e le figlie spirituali di san Camillo de Lellis, del quale oggi ricorre il 400° anniversario della morte. Lo ha rivolto, ieri mattina, Papa Francesco, dopo la recita dell'Angelus da piazza San Pietro. «Invito la Famiglia camilliana, al culmine di questo anno giubilare, ad essere segno del Signore Gesù che, come buon samaritano, si china sulle ferite del corpo e dello spirito dell'umanità sofferente, versando l'olio della consolazione e il vino della speranza», ha detto il Pontefice. Rivolgendosi, poi, a quanti sono convenuti ieri in piazza san Pietro, come pure agli operatori sanitari che prestano servizio negli ospedali e case di cura dei Camilliani, il Santo Padre ha augurato «di crescere sempre più nel carisma di carità, alimentato dal contatto quotidiano con i malati». E, ha concluso, «per favore, non dimenticatevi di pregare per me».